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Tindari

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Tìndari è una frazione di Patti, comune italiano della città metropolitana di Messina, in Sicilia.

 

Durante la prima guerra punica, sotto il controllo di Gerone II di Siracusa, fu base navale cartaginese, e nelle sue acque si combatté nel 257 a.C. la battaglia di Tindari, nella quale la flotta romana, guidata dal console Aulo Atilio Calatino, mise in fuga quella cartaginese.

 

Con Siracusa passò in seguito nell'orbita romana e fu base navale di Sesto Pompeo. Presa da Augusto nel 36 a.C., che vi dedusse la colonia romana di Colonia Augusta Tyndaritanorum, una delle cinque della Sicilia, Cicerone la citò come nobilissima civitas.

Nel I secolo d.C. subì le conseguenze di una grande frana, mentre nel IV secolo fu soggetta a due distruttivi terremoti.

Sede vescovile, venne conquistata dai Bizantini nel 535 e cadde nell'836, nelle mani degli Arabi dai quali venne distrutta.

Vi rimase il santuario dedicato alla Madonna Nera di Tindari, progressivamente ingrandito, che ospita una Maria con il Bambino scolpita in legno, considerata apportatrice di grazie e miracolosa.

 

Alla base del promontorio si trova una zona sabbiosa con una serie di piccoli specchi d'acqua, la cui conformazione si modifica in seguito ai movimenti della sabbia, spinta dalle mareggiate. La spiaggia è conosciuta con il nome di Marinello o il mare secco e vi sono legate diverse leggende.

 

Secondo una di esse la spiaggia si sarebbe formata miracolosamente in seguito alla caduta di una bimba dalla terrazza del santuario, ritrovata poi sana e salva sulla spiaggia appena creatasi per il ritiro del mare. La madre della bambina, una pellegrina giunta da lontano, in seguito al miracolo, si sarebbe ricreduta sulla vera natura miracolosa della scultura, della quale aveva dubitato a causa dell'incarnato scuro della Vergine.

 

Un'altra leggenda narra della morte, avvenuta proprio su questa spiaggia di papa Eusebio, il 17 agosto del 310, pochi mesi dopo la sua elezione, avvenuta il 18 aprile, che sarebbe stato esiliato in Sicilia da Massenzio.

 

Sopra la spiaggia, sul costone, si apre inoltre una grotta, che secondo una leggenda locale era abitata da una maga, che si dedicava ad attrarre i naviganti con il suo canto per poi divorarli. Quando qualcuno degli adescati rinunciava per la difficoltà di raggiungere l'ingresso dell'antro, la maga sfogava la rabbia affondando le dita nella parete: a questo sarebbero dovuti i piccoli fori che si aprono numerosi nella roccia.

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